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Apocalisse dei cookie di terze parti

quale futuro per l'advertising?

Profilazione utente
apocalisse cookie terze parti

Il mondo dell’advertising online è ad una svolta epocale: a partire dal 2024, salvo ulteriori proroghe, Google Chrome non supporterà più i cookie di terze parti.

Una maggiore tutela della privacy degli utenti, minori dati ed informazioni di tracciamento e profilazione per gli inserzionisti: il gigante di Mountain View ha intrapreso la strada già battuta da Safari, Mozilla e Microsoft che già da tempo hanno scelto di impedire un’identificazione univoca dei propri utilizzatori.

La notizia sta rimbalzando in rete già dal 2021, tra comunicazioni ufficiali e scadenze prorogate, e anche se non si conoscono ufficialmente i motivi di questo continuo spostamento in avanti della deadline, l’apocalisse dei cookie di terze parti è già scritta.

Il famoso “Cookiegeddon”, come in molti lo hanno rinominato, è solo rimandato: una parte della pubblicità online, così come la conosciamo, è destinata a tramontare per sempre.

Il tramonto dei cookie di terze parti: ma perché è così impattante?

La notizia di Google sulla fine dei cookie di terze parti, ha letteralmente scosso il mondo dell’advertising online, dato che proprio Chrome, stando ad una ricerca pubblicata da Statista nel 2021, è ad oggi, con oltre il 65% degli utenti,  il browser più utilizzato al mondo.

Ma perché i cookie di terze parti sono così rilevanti?

Tecnicamente si definiscono cookie di terze parti quelli impostati ed innestati da domini diversi rispetto a quello che l’utente sta navigando.
Essi sono così utilizzati per la profilazione cross-site degli utenti e permettono un elevato livello di personalizzazione degli annunci pubblicitari con evidenti risvolti positivi su:

  • campagne di remarketing
  • campagne di programmatic advertising
  • definizione dei modelli di attribuzione per la valutazione dei ritorni sull’investimento.

Come è facilmente intuibile, la fine dei cookie di terze parti impone al mondo dell’advertising online di rivedere i propri modelli e a quello dell’AD Tech di trovare nuove soluzioni in grado di bypassare il tracciamento tramite cookie, anche in ottica di tutela maggiore della privacy degli utenti.

La strada è tracciata: l’epoca della targetizzazione “più spinta” volge ormai al termine.
A seguito dell’entrata in vigore del GDPR e delle mosse dei big player come Google, non sarà più possibile un’attività di profilazione avanzata a supporto delle campagne di advertising.

Cookie di terze parti ed advertising on-line: esiste una soluzione?

Tutela dei dati personali, da una parte, necessità di mettere in campo efficaci strategie di profilazione e personalizzazione della customer experience, dall’altra: nel far west del web, tra regolamentazioni sempre più stringenti e campagne marketing sempre più personalizzate, sembra quasi impossibile trovare il giusto equilibrio, ma non è così.

Se l’apocalisse dei cookie di terza parte di fatto sancisce la fine di un utilizzo più “sfrontato” dei dati relativi agli utenti, approcci più etici e GDPR compliant sono possibili.

A tale riguardo, una ricerca condotta dalla Boston Consulting Group (Bcg) per conto di Google e pubblicata nel maggio 2020 (Responsible Marketing with First-Party Data), mostra che un uso “etico” dei dati proprietari e delle informazioni relative ai consumatori è possibile e soprattutto auspicabile, visto che può portare ad un aumento considerevole dei ricavi per le aziende. 

Dati ed informazioni sui propri utenti sono fondamentali per mettere in campo strategie marketing customer-centriche, ma la loro raccolta ed il loro utilizzo deve essere inquadrato all’interno di una vera e propria relazione che si instaura tra brand e utente/cliente, una relazione che presuppone uno scambio di valore bidirezionale equo e trasparente.

È in questo contesto che entrano in gioco i  First-Party Data e Zero-Party Data, il futuro del marketing personalizzato.

Ma che cosa sono e come impiegarli al meglio? Facciamo un pò di chiarezza.

First-Party Data e Zero-Party Data: che cosa sono?

Con l’entrata in vigore del GDPR prima, del CCPA, poi, senza dimenticare la svolta tecnologica privacy-first di Mozilla, Apple ed infine Google, il marketing digitale sta vivendo una fase di intenso riposizionamento segnato proprio dal tramonto dei cookie.

Proprio in questo contesto, l’attenzione di marketer e strategist si sta progressivamente focalizzando su First-Party Data e Zero-Party Data.

Con il termine First-Party Data si classificano tutti i dati e le informazioni raccolte direttamente dall’azienda che ne figura come proprietaria. Si tratta di dati che riguardano comportamenti e preferenze di acquisto e navigazione, interazioni con sito e APP, cronologia degli acquisti, informazioni anagrafiche raccolte anche mediante l’utilizzo di CRM.

Nella categoria degli Zero-Party Data, rientrano invece i dati forniti dagli utenti in modo diretto, consapevole e proattivo, mediante, ad esempio,  la risposta a form, sondaggi, survey. 

Pur rappresentando l’ultima frontiera del data management e della personalizzazione della customer experience, First-Party Data e Zero-Party Data essi si stanno rivelando un’opportunità da non lasciarsi sfuggire per acquisire informazioni preziose, sulla propria audience e personalizzare la customer experience di ogni utente.

first zero party data

First-Party Data e Zero-Party Data: il futuro del marketing e dell’advertising

Sebbene marketer e strategist  ben comprendano il valore dei dati e delle informazioni dei dati di prima parte la ricerca condotta dalla Boston Consulting per conto di Google, citata poco sopra, rivela come siano davvero pochi i professionisti che sanno “attivarli” ed utilizzarli correttamente ed in modo proficuo: se nove esperti su dieci affermano che i First-Party Data sono importanti per attività e strategie marketing, meno di un terzo di questi sa come integrarli ed utilizzarli.

Il gap individuato in questo caso non riguarda solo l’ambito delle competenze, ma spesso è dovuto alla mancata adozione di soluzioni tecnologiche sufficientemente performanti e complete in grado di raccogliere e normalizzare dati provenienti da più sorgenti.

È proprio questo il caso delle customer data platform: non solo semplici piattaforme di raccolta dati ma molto di più: soluzioni tecnologiche performanti in grado di raccogliere, normalizzare e gestire i dati a livello di single customer view, ma soprattutto per “azionarli”, ovvero renderli utili come base per attività di profilazione, segmentazione, personalizzazione, nonché strategie di marketing predittivo.

In linea di massima una customer data platform risulta un alleato prezioso per strategie di marketing data driven in quanto unisce in sé sia le funzionalità legate alla raccolta e normalizzazione dei dati, sia quelle relative all’azionabilità degli stessi, ovvero permette la messa in campo di numerose attività di personalizzazione on-site e off-site.

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